Siamo tutti Antifascisti!

presidio Siena

A seguito della scoperta da parte delle forze dell’ordine di una rete criminale ed eversiva nella nostra provincia, la nostra Associazione – fedele al proprio mandato – si associa all’appello del Presidente della Provincia di Siena. C’è bisogno oggi più che mai di testimoniare in prima persona il rigetto forte e deciso delle nostre comunità verso ogni comportamento lesivo dei valori fondanti dello stato democratico e della convivenza civile.

Per questo saremo in piazza Duomo anche noi, e invitiamo tutti a diffondere l’appello e a partecipare al Presidio antifascista che si terrà mercoledì 20 novembre  dalle 17 alle 19 davanti alla Prefettura, in Piazza Duomo a SIENA.

APPELLO DEL PRESIDENTE FRANCESCHELLI:MERCOLEDÌ 20 NOVEMBRE DAVANTI ALLA PREFETTURA PER RIBADIRE LE RADICI DEMOCRATICHE E ANTIFASCISTE.

“Siena e la sua Provincia, democratiche ed antifasciste, hanno profonde radici nella Re-pubblica e nelle sue istituzioni. Chi pensa di attentare ai fondamenti dello Stato troverà sempre donne e uomini pronte a difenderle e non troverà mai terreno fertile. Mi rivolgo alle Istituzioni, alle forze politiche democratiche, alle rappresentanze sindacali, all’ associa-zionismo, alle associazioni di categoria, alle istituzioni religiose, alle organizzazioni della società civile, alle cittadine e ai cittadini di tutta la provincia affinché mercoledì 20 dalle ore 17 alle 19, siano dinanzi alla Prefettura, che rappresenta fedelmente sul territorio la nostra Repubblica, a testimoniare che la tradizione democratica e antifascista di Siena e della sua Provincia è forte e salda in tutti noi, che non ci facciamo intimidire da chi ha follie criminali ed eversive. A chiunque semina odio noi rispondiamo con la forza della Repubblica nata dalla Resistenza. E’ altresì l’occasione per ringraziare le forze dell’ordine, la magistratura e le istituzioni tutte, che con la dedizione ed il sacrificio delle sue donne ed uomini che vi prestano servizio, difendono e perseguono chi pensa di attentare alle istituzioni dello Stato ed ai valori democratici della nostra Repubblica.”

il nostro Calendario: 12 novembre

1989: la svolta della Bolognina

Il 12 novembre del 1989 
Il 12 novembre del 1989 era domenica. Dalle 11 del mattino un gruppo di partigiani si era riunito in una sala comunale in via Tibaldi 17 a Bologna per le celebrazioni del quarantacinquesimo anniversario della battaglia di Porta Lame, un episodio della Resistenza italiana combattuto in alcuni quartieri di Bologna, tra cui Lame, Bolognina e Corticella, poi inglobati nel quartiere Navile.

Svolta_della_Bolognina_-_12_Novembre_1989

Achille Occhetto partecipò a sorpresa all’incontro. In sala erano presenti solo due cronisti, il primo dell’Unità, l’altro dell’Ansa. Occhetto chiese la parola e parlò per circa sette minuti per quello che doveva essere un discorso commemorativo, di circostanza. Occhetto disse che era tempo di «andare avanti con lo stesso coraggio che fu dimostrato durante la Resistenza (…) Gorbaciov prima di dare il via ai cambiamenti in URSS incontrò i reduci e gli disse: voi avete vinto la Seconda guerra mondiale, ora se non volete che venga persa non bisogna conservare ma impegnarsi in grandi trasformazioni». Disse anche le parole poi diventate più celebri: era necessario «non continuare su vecchie strade ma inventarne di nuove per unificare le forze di progresso». Al cronista che gli chiese se le sue parole lasciassero presagire che il PCI avrebbe potuto anche cambiare nome, lui rispose: «Lasciano presagire tutto».

Schermata 2014-11-12 alle 10.35.29La “svolta”, secondo il racconto più diffuso, fu annunciata da Occhetto senza consultare il partito e questo fatto gli verrà rimproverato. Il giorno dopo l’annuncio la prima pagina dell’Unità (il direttore a quel tempo era Massimo D’Alema) titolava «Il giorno di Modrow. La Repubblica democratica tedesca elegge un nuovo premier». Al centro si trovava l’articolo sulla “svolta della Bolognina” intitolato: “Occhetto ai veterani della Resistenza: «Dobbiamo inventare strade nuove»”.

Della “svolta” si discusse ufficialmente il 13 novembre in segreteria del PCI e per altri due giorni in Direzione. Il tutto venne però rinviato al Comitato Centrale, che si aprì il 20 dello stesso mese. In quei giorni iniziarono comunque a delinearsi le diverse posizioni all’interno del PCI: da una parte quella che potremmo definire “la destra” del partito, fedele a Occhetto, e dall’altra parte “la sinistra” che assunse un iniziale atteggiamento di prudenza. Almeno fino al rientro da Madrid di Pietro Ingrao, storico leader della sinistra del PCI, che dichiarò: «Non sono d’accordo con la proposta avanzata da Occhetto. Spiegherò il mio dissenso nel Comitato centrale».

il Nome e la Cosa

Il 20 novembre si aprì il Comitato Centrale a Roma in via delle Botteghe Oscure. I suoi 300 membri discussero della svolta per cinque giorni (venendo accolti da 200 militanti in protesta). Nella sua relazione introduttiva Occhetto affermò di «condividere il tormento» dei compagni, ma chiese: «Fino a quando una forza di sinistra può durare senza risolvere il problema del potere, cioè di un potere diverso?». Da qui l’idea di fare un nuovo partito con altri partiti di sinistra (la «sinistra diffusa») per poi andare al governo col PSI e altri e con la DC all’opposizione. Occhetto chiuse avvertendo però che «prima viene la cosa e poi il nome. E la cosa è la costruzione in Italia di una nuova forza politica». Da quel momento in poi il dibattito sulla svolta della Bolognina sarà anche chiamato come il “dibattito sulla Cosa”. Nanni Moretti ci girò un documentario, intitolato appunto La Cosa, raccontando le discussioni – senza alcun commento – all’interno di alcune sezioni del Partito Comunista Italiano proprio nei giorni successivi alla proposta di Occhetto:

Il Comitato Centrale si concluse il 24 novembre con il voto di 326 membri su 374: i sì furono 219, i no 73 e gli astenuti 34. Il Comitato Centrale assunse la proposta del segretario «di dar vita ad una fase costituente di una nuova formazione politica», ma allo stesso tempo accettò la proposta delle opposizioni di indire un congresso straordinario entro quattro mesi. Il XIX e penultimo congresso del PCI si tenne dal 7 all’11 marzo del 1990. Le mozioni discusse furono tre: quella del segretario Achille Occhetto; quella firmata da Alessandro Natta e Pietro Ingrao, che invece si opponeva ad una modifica del nome, del simbolo e della tradizione; quella proposta da Armando Cossutta, simile alla seconda. Vinse la mozione di Occhetto con il 67 per cento delle preferenze: Achille Occhetto venne riconfermato segretario e pianse.

(da Il Post, 12 novembre 2014)

Trent’anni dopo: il commento di Achille Occhetto

https://www.la7.it/omnibus/video/achille-occhetto-infamia-storica-sottovalutare-la-svolta-della-bolognina-oggi-necessaria-una-nuova-08-11-2019-292104

L’ultimo Congresso del PCI (1991)

1989. La svolta della Bolognina
con Silvio Pons
di Massimo Gamba (RAI STORIA)

 

Il nostro Calendario: 9 novembre

1989: cade il Muro di Berlino

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Il Muro di Berlino (in tedesco: Berliner Mauer, nome ufficiale: Antifaschistischer Schutzwall, Barriera di protezione antifascista) era un sistema di fortificazioni fatto costruire dal governo della Germania Est (Repubblica Democratica Tedesca, filosovietica) per impedire la libera circolazione delle persone tra il territorio della Germania Est e Berlino Ovest (Repubblica Federale di Germania). È stato considerato il simbolo della cortina di ferro, linea di confine europea tra le zone controllate da Francia, Regno Unito e U.S.A. e quella sovietica, durante la guerra fredda.

Il muro, che circondava Berlino Ovest, ha diviso in due la città di Berlino per 28 anni, dal 13 agosto del 1961 fino al 9 novembre 1989, giorno in cui il governo tedesco-orientale si vide costretto a decretare la riapertura delle frontiere con la repubblica federale. Già l’Ungheria aveva aperto le proprie frontiere con l’Austria il 23 agosto 1989, dando così la possibilità di espatriare in occidente ai tedeschi dell’Est che in quel momento si trovavano in altri paesi dell’Europa orientale.

Tra Berlino Ovest e Berlino Est la frontiera era fortificata militarmente da due muri paralleli di cemento armato, separati dalla cosiddetta “striscia della morte”, larga alcune decine di metri. Durante questi anni, in accordo con i dati ufficiali, furono uccise dalla polizia di frontiera della DDR almeno 133 persone mentre cercavano di superare il muro verso Berlino Ovest. In realtà tale cifra non comprendeva i fuggiaschi catturati dalla DDR: alcuni studiosi sostengono che furono più di 200 le persone uccise mentre cercavano di raggiungere Berlino Ovest o catturate e in seguito assassinate.

Il 9 novembre 1989, dopo diverse settimane di disordini pubblici, il governo della Germania Est annunciò che le visite in Germania e Berlino Ovest sarebbero state permesse; dopo questo annuncio molti cittadini dell’Est si arrampicarono sul muro e lo superarono per raggiungere gli abitanti della Germania Ovest dall’altro lato in un’atmosfera festosa. Durante le settimane successive piccole parti del muro furono demolite e portate via dalla folla e dai cercatori di souvenir; in seguito fu usata attrezzatura industriale per abbattere quasi tutto quello che era rimasto. Ancora oggi c’è un grande commercio di piccoli frammenti, molti dei quali falsi.

La caduta del muro di Berlino aprì la strada per la riunificazione tedesca che fu formalmente conclusa il 3 ottobre 1990.

(da Wikipedia)

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