Cronologia sintetica della Primavera di Praga
Il 1968 si apre a Praga con la ripresa del plenum del Comitato centrale (Cc) del Partito comunista cecoslovacco (Pcc) del 3 gennaio, lo scontro è tra stalinisti (Novotný), legati all’Urss di Leonid Brežnev, e il gruppo dei riformisti (Dubček, Oldrik, Cernik, Smrkovsky e Mlynar), che, fra l’altro, punta ad una decisa riforma dell’economia ed alla progressiva separazione del ruolo e del potere del partito dagli organismi istituzionali e dal governo.
5 gennaio: di fronte alla situazione di grave crisi economica e al malcontento popolare, Novotný rassegna le dimissioni dalla carica di primo segretario del PCC; al suo posto viene eletto Alexander Dubček.
22 febbraio: primi contrasti in occasione dei festeggiamenti per il XX anniversario della presa del potere del partito comunista in Cecoslovacchia.
21 marzo: Novotný è costretto a lasciare anche la presidenza della Repubblica, viene sostituito da Ludvik Svoboda.
5 Aprile: dopo una discussione durata cinque giorni, il Comitato centrale del PC cecoslovacco approva il “Programma d’azione” elaborato dal gruppo dei riformisti.
5-7 maggio: visita a Praga del segretario del PCI Luigi Longo che esprime la solidarietà del partito con la lotta per lo sviluppo della democrazia in Cecoslovacchia.
Fine maggio: il Ministero della difesa annuncia per il giugno manovre militari del Patto di Varsavia sul territorio cecoslovacco. Viene annunciata dal Comitato centrale del PCC la convocazione in settembre del XIV congresso straordinario del Partito.
27 giugno: pubblicazione del “Manifesto delle 2000 parole” redatto dallo scrittore Ludvik Vasulik e poi sottoscritto da migliaia di esponenti del mondo della cultura, dell’arte e dello sport. Il documento sollecita un’accelerazione del processo di democratizzazione in atto suscitando sia all’interno del PC cecoslovacco sia da parte sovietica.
7 luglio: la Pravda pubblica un articolo teorico che mette in guardia contro gli esperimenti tentati a Belgrado, Bucarest e Praga. Il 15 ed il 24 luglio successivi, analoghi articoli sulla stampa della Repubblica Democratica Tedesca denunciano apertamente il “rischio imperialista” e la “contro- rivoluzione rampante” in atto in Cecoslovacchia.
19 agosto: Dubček riceve una dura lettera da parte di Brežnev, segretario del Pcus, nella quale si esprime “insoddisfazione” per gli sviluppi della situazione in Cecoslovacchia.
20 agosto: alle ore 23 truppe di Unione Sovietica, Polonia, Repubblica Democratica Tedesca, Ungheria e Bulgaria invadono la Cecoslovacchia, impedendo ai riformisti qualsiasi tentativo di reazione. I comunisti cecoslovacchi, guidati da Alexander Dubček, sono costretti dal precipitare degli eventi a riunire in una fabbrica alla periferia di Praga il XIV congresso del partito. A conclusione dei lavori viene approvato integralmente il Programma d’azione pubblicato in aprile. La situazione determinatasi nel Paese impedisce ulteriori sviluppi di tale deliberazione.
24-27 agosto: Dubček e gli altri esponenti del governo cecoslovacco, condotti a Mosca, devono accettare la presenza delle truppe straniere e rinunciare all’attuazione del programma di riforme.
16 gennaio 1969: per protestare contro il processo di normalizzazione avviato con l’invasione sovietica, lo studente Jan Palach si cosparge di benzina e si dà fuoco in piazza San Venceslao a Praga; il suo esempio viene seguito da una ventina di giovani in tutto il Paese.
17 aprile 1969: Dubček viene destituito e sostituito con Gustav Husák.
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Il primo ottobre 1970 entrò in vigore il decreto del ministero degli interni che ordinava “misure d’urgenza nei luoghi culturali per garantire la purezza e la trasparenza del lavoro ideologico” provocando un’ondata massiccia di licenziamenti, che in quattro anni toccarono più del 70% del personale artistico e scientifico, soprattutto nelle case della cultura (85%) seguite dalle case editrici (82%). [. . . ]
Per quanto riguarda la produzione letteraria propriamente detta, 1089 libri furono mandati al macero solo nell’ambito ceco e slovacco. A questi si aggiunsero 398 titoli ritirati dalla circolazione, e 421 autori si ritrovarono all’indice, di cui 153 (fra i quali ventuno classici) per l’insieme della loro opera. Una trentina di scrittori stranieri per un totale di 130 titoli vennero a completare questa lista (a mo’ di paragone, l’elenco delle opere “indesiderabili” pubblicata all’attenzione delle biblioteche nel 1960 comprendeva 6590 titoli).
Più sottili furono gli interventi praticati nei testi degli autori destinati a essere “rivisti” con la scusa di “anticipare le influenze nocive e le idee sbagliate di alcune opere”. Fra i portatori di idee sbagliate, Shakespeare, Lope de Vega, Calderon, Molière, Corneille, Goethe, Schiller, Dostoevskij, Goncˇarov, Cˇechov, Whitman, Ibsen, Strindberg, Baudelaire, Flaubert, Verlaine, Apollinaire, Shaw. . .
In totale circa diecimila interventi diretti della censura ebbero luogo in otto anni, tra rappresentazioni teatrali o musicali vietate, mostre mai realizzate (fra cui quelle dedica- te all’arte gotica nella Boemia meridionale e all’arte barocca a Plzenˇ ), manifestazioni culturali abortite, libri vietati o ritirati dalle biblioteche, testi “attualizzati”.
La censura non risparmierà neanche l’istituto della protezione dei monumenti storici, accusato di fare propaganda religiosa. Durante questo stesso periodo l’istituto si vedrà vietare per 129 volte il restauro di edifici appartenenti all’architettura sacra. Inoltre numerose domande di ricerche archeologiche, etnografiche o storiche verranno rifiutate, e 65 località dichiarate “siti classificati” saranno definitivamente distrutte nei primi anni della normalizzazione. (Patrik Ouˇredník, Cecoslovacchia: le condizioni della cultura.)
Leggi qui un estratto di Jiri Pelikan tratto da“Io, esule indigesto. Il Pci e la lezione del ’68 di Praga”